FONDAZIONE HA.REA ONLUS
Compagni di viaggio
Intervista ad Alessandro Ludi di Giorgio Genta
Continuano i “viaggi” di Giorgio Genta nella società inclusiva, insieme alle “famiglie con disabilità”, intese nel senso più ampio del termine. E la storia della famiglia Ludi, in cui il ventiquattrenne Lorenzo, giovane con una grave forma di tetraparesi spastica, oggi studia all’università, è una bella testimonianza di quante cose prima ritenute impossibili si possano riuscire a fare, con “l’antidoto al veleno della rassegnazione”
Un presidio a favore dell’assistenza domiciliare allo Stadio Picco della Spezia, in presenza di Lorenzo Ludi
Molti anni fa, all’inizio della corsa allo spazio, i Russi lanciarono un satellite chiamato Sputnik, ovvero, tradotto letteralmente in italiano “compagno di viaggio”. Nostra “compagna di viaggio” nello spazio (il mondo intero) abitato dalle famiglie con disabilità è questa volta la famiglia Ludi, una famiglia “eroicamente normale”. Insieme ad Alessandro Ludi, padre e amministratore di sostegno di Lorenzo, oltreché presidente della Fondazione Ha.Rea ONLUS, seguiamo il percorso di vita che ha portato il figlio all’università.
Caro Sandro,
credo che la tua famiglia sia in procinto di celebrare simbolicamente le “nozze
d’argento” con la disabilità gravissima. Come avete fatto in tutti questi anni
non solo a “restar vivi”, ma anche a continuare a lavorare sia tu che tua moglie
Rosanna, ad assistere, riabilitare e far progredire Lorenzo, nonché ad
accompagnarlo – simbolicamente e concretamente – sino all’università?
«La storia della nostra famiglia si modifica radicalmente più di ventiquattro
anni fa, con la nascita di Lorenzo, affetto da gravissima disabilità. Da quel
momento la nostra vita cambia e, per il nostro modo di vedere e di vivere,
nonostante tutto, cambia in meglio.
In meglio… sembra difficile credere a una simile affermazione, ma chi vive
quotidianamente la disabilità sa che le nostre famiglie, molto spesso ,
diventano “famiglie speciali”. Il punto di partenza, però, è fondamentale:
bisogna accettare il nuovo arrivato da subito, senza esitazione alcuna, e
lavorare assieme per garantirgli la miglior qualità della vita possibile.
Dovevamo insomma fare squadra su di lui e questo ci ha permesso di vivere
e di percorrere un cammino che – visto a posteriori – ha dell’incredibile.
Superate infatti le prime difficoltà dovute alla scarsa conoscenza del problema
e a questioni organizzative, abbiamo iniziato a muoverci nella direzione che
tuttora stiamo seguendo.
Per contrastare la disabilità di Lorenzo, esiste un solo modo che noi
abbiamo accettato subito: la riabilitazione intensiva, continua. Un primo
approccio alla riabilitazione con un percorso intensivo condiviso da molte altre
famiglie ci ha portato – passando dal Centro ASTRI (Associazione Studio Terapie
Riabilitative Italiana) della dottoressa Cecilia Morosini – sino a
Philadelphia agli Istituti per il raggiungimento del Potenziale Umano di
Glenn Doman.
Ecco, direi che questi passaggi – uniti all’ultimo percorso riabilitativo che
abbiamo condiviso con Lorenzo (il Centro Studi Delacato del dottor Antonio
Parisi), hanno permesso a mio figlio un percorso di vita condiviso con la
disabilità, ma indirizzato a un miglioramento continuo della sua situazione. E
quando dico “percorso condiviso”, intendo proprio un percorso che dev’essere
fatto assieme: la terapia non è fatta a Lorenzo, ma deve diventare il
percorso quotidiano della famiglia di Lorenzo, il modo di vivere e di
affrontare la disabilità e i problemi ad essa collegati, siano sanitari o
sociali.
Nel corso degli anni, poi, abbiamo affrontato molti problemi, abbiamo “creato”
iniziative per aumentare la qualità della vita di Lorenzo e ci siamo inventati
una Fondazione che potesse infine sostituirci, per continuare questo percorso
condiviso con Lorenzo».
Credo che l’idea
di organizzare o riorganizzare tutto il team assistenziale e riabilitativo che
gravita attorno a Lorenzo sotto il patrocinio di una Fondazione sia stata una
iniziativa molto interessante. Vuoi parlarcene?
«Come sempre le persone con disabilità grave e gravissima e le loro famiglie
conducono battaglie a livello nazionale e, quando pensano di essere riuscite a
garantire incrementi alla qualità della vita dei loro congiunti o per loro
stesse, si ritrovano la mancata applicazione regionale che rimette tutto
in discussione. La nostra volontà di permettere comunque a Lorenzo un percorso
di vita altamente qualitativo prevale sulla carenza di finanziamenti e sulla
mancata applicazioni delle leggi.
Abbiamo pensato quindi a una Fondazione che utilizzasse le proprie risorse per
progetti innovativi legati alla disabilità grave. Portare a camminare – seppure
aiutata da un deambulatore -, una persona con tetraparesi spastica non è
contemplato da alcuna normativa e nessuna Istituzione se ne assume l’onere. Di
conseguenza interviene la Fondazione Ha.Rea ONLUS.
Credo che nel momento in cui uno Stato abbandona il welfare, questo Stato
abbassa la sua soglia di civiltà. Ed è nelle singole azioni dei cittadini
che si può trovare la strada per riportarlo sulla retta via. Costituire una
Fondazione che potesse garantire la tutela dei diritti e, nel concreto,
l’attuazione di progetti altamente qualitativi, va proprio in questo senso:
impedire cioè allo Stato una deriva sociale. Chiaramente non pensiamo di
sostituirci allo Stato, però di essere un pungolo per far ripartire iniziative a
tutela delle persone con gravi disabilità, certamente sì».
I vostri
rapporti con l’ASL, i Servizi Sociali e altre strutture o enti preposti alla
tutela della salute e della miglior vita possibile dei cittadini sono stati e
sono positivi o negativi? Avete avuto criticità o dinieghi legati a singoli
operatori e/o con il complesso delle strutture?
«Come ben sai, se uno vive la disabilità senza mirare a un aumento della qualità
della vita, a un benessere vero della persona con disabilità, allora i rapporti
con gli enti sono pacifici. Ma siccome noi siamo una famiglia che chiede per
Lorenzo – e di conseguenza anche per altri – il massimo di ciò che è previsto
dalla normativa vigente, il nostro rapporto con i vari enti che gravitano
intorno al pianeta disabilità è stato sempre conflittuale.
In questa situazione, nei primi anni di vita di Lorenzo, avevamo una sola via
d’uscita: costituire una grande associazione. Ricordo che nel corso dei primi
viaggi negli Stati Uniti, nell’aprile del 1994, in un pomeriggio nella periferia
di Philadelphia, da un incontro con le famiglie Gnesini e Cavicchi,
emerse la necessità di avere un’associazione che si facesse carico con le
Istituzioni italiane dei gravi problemi che le famiglie delle persone con grave
disabilità dovevano affrontare nel momento in cui decidevano di fare percorsi
alternativi rispetto a quanto offerto dal Servizio Sanitario Nazionale.
Il primo nucleo, continentale, della futura ABC [Associazione Bambini
Cerebrolesi, N.d.R.] è nato in quel periodo. L’ABC, che già aveva vita in
Sardegna, grazie all’iniziativa di Marco Espa, iniziava a muoversi e a
formarsi sul territorio nazionale, con il lavoro di alcune famiglie che a
tutt’oggi sono parte integrante della stessa e con altre che, per un motivo o
per l’altro, hanno poi fatto cammini diversi.
Le prime grandi battaglie condotte erano relative al diritto di cura e al
rimborso dei viaggi all’estero, battaglie portate avanti con dignità e
fermezza e alla fine vincenti. Quando abbiamo scelto di portare Lorenzo agli
Istituti di Philadelphia, ci siamo trovati a sostenere spese enormi, relative ai
viaggi, al soggiorno e alla visita, che non venivano rimborsate dal Ministero.
Ancora allo Stadio Picco della Spezia, uno striscione dedicato alla Fondazione Ha.Rea ONLUS, presieduta da Alessandro Ludi, e alle persone con disabilità in genere
Ricordo, tra le
altre iniziative portate avanti, il presidio davanti al Ministero della Sanità
dove, con l’allora ministro Guzzanti, riuscimmo a ottenere una prima
epocale Circolare emanata a tutti gli Assessori alla Sanità Regionali, che dava
il via libera all’istruzione delle pratiche per i rimborsi alle nostre
famiglie che portavano i ragazzi con cerebrolesioni a Philadelphia.
Chiaramente, con l’imperante federalismo, il recepimento di quella Circolare sul
territorio nazionale è stato tutt’altro che univoco.
Un altro grosso scontro con un altro ente lo abbiamo avuto quando con Lorenzo si
è deciso di frequentare la scuola».
Appunto, il
mondo della scuola, con il quale siete sempre stati molto impegnati. Com’è stato
il cammino, visto che oggi Lorenzo è all’università?
«Abbiamo la normativa più avanzata in relazione all’integrazione scolastica e
non riusciamo a farla applicare, se non a prezzo di enormi sacrifici,
discussioni, convegni, istanze, mobilitazioni. Penso ad esempio a quando ci
siamo posti il problema della frequenza scolastica con Lorenzo.
Lorenzo è stato seguito dagli Istituti di Philadelphia fin dai primi anni di età
e nella strategia che veniva proposta per lui era incluso anche un programma
intellettivo. Abbiamo dunque elaborato, sin da quando Lorenzo aveva 6 anni, un
progetto di istruzione domiciliare che è durato per tutta la scuola
dell’obbligo, finanziato dalla Fondazione Carispe [Cassa di Risparmio
della Spezia, N.d.R.], che prevedeva una serie di lezioni individuali
(insegnante e studente a contatto diretto), con esamino finale per i primi
quattro anni delle elementari e, a partire dall’esame del quinto anno delle
elementari, ogni anno, fino all’esame di terza media, un esame a domicilio,
concordato con l’allora Provveditorato agli Studi della Spezia ed effettuato
alla presenza dell’ispettore Manlio Erta.
Inoltre, un ruolo importante inserito nel progetto era quello dell’assistente
alla comunicazione che permetteva – e permette tuttora – a Lorenzo di
rapportarsi con gli interlocutori, dapprima con l’uso di tabelle e
successivamente tramite un computer.
Questo percorso di istruzione domiciliare si è interrotto con il passaggio alle
scuole superiori, quando è terminato il finanziamento della Fondazione Carispe –
in quanto non più scuola dell’obbligo – cosicché, non avendo più la possibilità
di pagare gli insegnanti, abbiamo deciso un percorso di integrazione parziale,
anche grazie ai miglioramenti rispetto alla patologia di Lorenzo.
Durante questo percorso abbiamo cercato di dare a Lorenzo, e ad altri ragazzi
con cerebrolesione o altre gravi disabilità, la possibilità di effettuare questo
percorso con tutti i crismi previsti dalla legge e integrati nel sistema
scolastico. Purtroppo questo – al di là delle parole scritte su qualche
documento – è sempre stato impedito nei fatti, dal momento che, per il
mondo della scuola, il diritto all’istruzione era, ed è tuttora, garantito
solamente per gli studenti che sono in grado di frequentare materialmente
l’istituto scolastico. Per le persone con gravi disabilità che non possono
abbandonare la casa e/o non possono smettere la terapia, se non a rischio della
loro incolumità, il diritto allo studio sancito dalla Costituzione è nei
fatti precluso.
Ricordo le riunioni con le associazioni nell’Osservatorio Nazionale per
l’Integrazione Scolastica, ricordo gli incontri al Ministero con Marco Espa,
anche lui come me vicepresidente dell’ABC, con il sottosegretario Gambale,
insieme al quale cercavamo di dare una forma legislativa al nostro e ad altri
progetti di integrazione. Ma tutto era reso vano dalla burocrazia, dai
cambiamenti politici e dalla miopia di molti dirigenti della scuola».
Oggi, come
dicevamo, Lorenzo è uno studente-universitario-con-disabilità-gravissima. La
scelta della facoltà e la sua sede geografica, il tutor, il referente di ateneo
per la disabilità, la frequenza, gli esami, i rapporti con i docenti e con gli
altri studenti: vuoi raccontarci l’esperienza della tua famiglia in questo
àmbito?
«L’esperienza universitaria di Lorenzo ha avuto inizio alla Facoltà di
Ingegneria Meccanica, sia per continuità con i suoi precedenti studi (Liceo
Scientifico Tecnologico), sia per la propensione per le discipline scientifiche
e tecnologiche che aveva manifestato sin dalle scuole medie. Prima di
iscriverlo, abbiamo contattato il responsabile dell’inserimento degli studenti
disabili dell’Università di Genova e, con un video, abbiamo spiegato le
modalità con cui Lorenzo avrebbe potuto sostenere gli esami, cioè digitando su
una tastiera con accanto a sé Elisa, l’assistente alla comunicazione, che
lo coadiuvava reggendogli il braccio e che lo aveva seguito dagli anni del
liceo, sostenendo insieme a lui tutte le verifiche e lo stesso esame di
maturità. Nonostante il ruolo e la serietà della persona, avevamo previsto che
in sede d’esame si sarebbero adottate misure per assicurarsi ulteriormente che
lei non potesse condizionare la risposta (ad esempio non leggendo la domanda
ecc.). Le capacità cognitive di Lorenzo, invece, non sono state messe in
discussione perché il Preside di Facoltà aveva preso contatti con il liceo, che
aveva dato rassicurazioni in tal senso.
Una passeggiata in riva al mare di Lorenzo Ludi
Un giorno, però,
arriva il primo esame, che viene interrotto brutalmente dal Preside, con
il sospetto che l’assistente alla comunicazione stesse rispondendo al posto di
Lorenzo. Per il disappunto di tutti, docente compreso, l’esame viene sospeso e
il Preside esige che Lorenzo non venga toccato durante la prova. Chiediamo
dunque un incontro per chiarire l’accaduto. La docente di Analisi ci rassicura
circa la modalità di esame “a risposta chiusa”, perché sostiene che a lei
interessa che Lorenzo dimostri di avere capito i concetti e i percorsi da
seguire per risolverlo e ciò è fattibile anche con una prova strutturata a quiz.
Il Preside non fa obiezioni. Chiedo più volte ai presenti – e allo stesso
Preside, in particolare – se ci siano altri problemi di cui parlare. ma tutti si
ritengono soddisfatti. Allora spiego che se Lorenzo non viene toccato – cosa
pretesa dal Preside – non può sostenere l’esame perché non può gestire
perfettamente il braccio. Se quindi il sospetto è che la prova non sia
trasparente, le precauzioni da prendere possono esere altre, tipo non far
leggere ad Elisa le domande.
Ripetiamo dunque l’esame, che inizia bene e il commento velenoso del
Preside rivolto ad Elisa è: «Vedo che lei, signorina, questa volta ha studiato
di più!». Cresce il nervosismo, Lorenzo diventa rigido, fa fatica a rispondere
ed Elisa mi dice di avere percepito chiaramente che egli comincia a dare
risposte a caso, per potersene andare rapidamente da lì. Infatti, risponde
male a domande cui a casa aveva risposto bene più di una volta. Lorenzo è
arrabbiato e demotivato.
Per l’esame successivo, Elisa e il tutor incontrano il docente di Chimica e
prendono accordi su tutti gli aspetti dell’esame. Il giorno del nuovo esame,
però, accade un’altra cosa incredibile. La prova consiste in sei domande
“a risposta chiusa”, suddivisa in due giorni, per evitare l’eccessivo
affaticamento di Lorenzo. Tra le prime tre domande, ne viene proposta una che
prevede tutte le risposte sbagliate. A fine prova, lo si fa presente al
Professore, lui dice che si tratta di una svista, si scusa e assicura che non
verrà considerata come un errore; alle altre due domande formulate bene, invece,
Lorenzo risponde correttamente. Il giorno dopo, però, si ripete lo stesso
inconveniente: nella seconda domanda, infatti, si trovano ancora solo risposte
sbagliate. Lorenzo si innervosisce e risponde male anche alla terza. A fine
prova, il docente si rende conto di avere ripetuto l’errore della prima
giornata, ma assicura che farà presente la cosa alla “commissione” e che
possiamo stare tranquilli. Pochi giorni dopo arriva la mail di questa
fantomatica commissione che ci comunica che l’esame non è stato superato…
In genere, ci siamo domandati quale strategia di difesa adottare, senza fare
“terra bruciata” attorno a Lorenzo, ma per ogni scelta fatta, si sentiva
palpabile l’ostilità: difficoltà incredibili a trovare tutor specializzati,
ostracismo alla frequenza dei corsi che non prevedevano un esame, altri piccoli
segnali che facevano crescere l’ostilità nei confronti di Lorenzo. L’ostilità
è terribile perché ti fa sentire – oltre che diverso – anche indesiderato.
A questo punto ho pensato fosse più “igienico” per mio figlio cambiare
decisamente aria.
Lo abbiamo quindi iscritto all’Università di Pisa e, siccome gli Atenei
hanno sempre problemi a individuare un tutor, diversamente da quanto
dichiarano sui siti internet, lo abbiamo iscritto a Storia dell’Arte, disciplina
che a lui piace (oltre a Scienza e Tecnologia), che ci dà la possibilità di
aiutarlo personalmente senza dipendere da un tutor. Il primo impatto con
l’Università pisana è stato buono, ora sta preparando un esame che darà a fine
giugno».
Ai nostri figli
con disabilità gravissima spesso era stata pronosticata – con certezza – una
breve e infelice esistenza. Molto breve e molto infelice. Credo che la vita di
Lorenzo possa essere un’attendibile testimonianza di quante cose ritenute prima
impossibili si possano riuscire a fare e a fare bene. E di come la medicina
resti una scienza almeno “imprecisa”…
«Per poter capire quello che sta facendo adesso Lorenzo, bisogna sapere quello
che è stato fatto per lui nel corso degli anni. Come si diceva, Lorenzo è
affetto dalla nascita da una grave forma di tetraparesi spastica e per lui
abbiamo sempre seguito metodi di terapia intensiva. L’approccio alla terapia per
superare la cerebrolesione ci ha visti impegnati ventiquattr’ore al giorno per
anni, a volte anche litigando per le diverse visioni sul modo di fare, ma sempre
uniti con un unico obiettivo: andare avanti nell’incremento della qualità
della vita di Lorenzo.
Abbiamo imparato, studiato, applicato quanto appreso nel corso degli anni, tutto
per garantirgli una qualità della vita diversa. Come direbbe uno dei “fari”
della terapia riabilitativa per i cerebrolesi: siamo diventati dei “genitori
professionisti”.
Non sapevamo dove Lorenzo poteva arrivare, né come e nemmeno a quale prezzo, sia
per lui che per noi. Quello che sapevamo, come genitori, era che dovevamo
fare e non delegare ad altri.
Ancora oggi, dopo ventiquattro anni, continuiamo nel nostro impegno per
garantire a Lorenzo una qualità della vita in un futuro anche senza di noi. Il
nostro impegno, poi, ha garantito un miglioramento costante a tutto il nucleo
familiare, perché è chiaro che se si riesce a contrastare la disabilità,
sotto ogni forma in cui si presenta, si migliora tutti assieme.
Ora Lorenzo divide il suo tempo tra lo studio a livello universitario, la
terapia riabilitativa e lo svago. La sua settimana tipo si svolge così: due
volte alla settimana si alza alle cinque, per poter essere accompagnato a
lezione alla Facoltà di Storia dell’arte a Pisa (a circa 70 chilometri da casa),
le altre mattine della settimana si alza alle 7 per poter camminare con il
deambulatore in riva al mare per circa due chilometri al giorno. I pomeriggi,
invece, sono dedicati alle uscite e alla terapia. Alcune volte, inoltre, esce
per andare a cena con dei volontari.
Lorenzo è un ragazzo felice e soddisfatto dei successi che ha avuto. Lorenzo è
affetto da tetraparesi spastica grave e secondo il parere dei medici del
Servizio Sanitario Nazionale, come conseguenza di questa grave patologia,
avremmo dovuto dimenticarlo!».
Questa volta, nelle parole conclusive di Alessandro Ludi, non c’è il veleno («avremmo dovuto dimenticarlo» può significare infatti: a) dimenticare di averlo avuto, fare come se non esistesse; oppure: b) dimenticarlo in qualche triste luogo di reclusione e di dolore), c’è invece l’antidoto al veleno della rassegnazione, l’amore per il figlio con disabilità gravissima, amore che talvolta può generare anche risultati riabilitativi sorprendentemente positivi.
4 giugno 2013
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